Il mito moderno del progresso: Filosoficamente considerato by Jacques Bouveresse

Il mito moderno del progresso: Filosoficamente considerato by Jacques Bouveresse

autore:Jacques Bouveresse [Bouveresse, Jacques]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Philosophy, General
ISBN: 9788854517158
Google: rMpfDwAAQBAJ
editore: Neri Pozza Editore
pubblicato: 2018-05-28T22:00:00+00:00


Anche prima della fine della guerra, Vansittart era persuaso che la Germania, dopo essere stata vinta, avrebbe dovuto essere non solo smilitarizzata – il che andava da sé, poiché la minaccia che essa rappresentava, ai suoi occhi, era il militarismo e non il nazismo –, ma anche sottoposta a un processo di rieducazione severa, suscettibile di estendersi a più generazioni: «Il vansittartismo afferma che la nazione tedesca deve essere disarmata e rieducata; e ogni uomo onesto e ragionevolmente bene informato sa perfettamente che i tedeschi non faranno nessuna di queste due cose di loro spontanea volontà, o senza un controllo. Noi ci siamo fidati di loro una volta – con un’assoluta mancanza di saggezza. Farlo di nuovo sarebbe un crimine contro l’umanità. Invece, non c’è inumanità nella rieducazione»12.

Dopo la disfatta della Germania, Vansittart effettivamente sostenne che l’Europa avrebbe potuto godere della pace solo a condizione di continuare a mostrarsi spietata nei confronti di quel paese, e respinse categoricamente l’idea che potesse esserci una possibilità di distinguere tra la Germania nazista e un’«altra Germania», che secondo lui non era mai esistita se non come minoranza irrilevante. Egli pensava che l’Inghilterra e i suoi alleati avessero fatto la guerra non per liberare la Germania da Hitler o il continente dal fascismo, ma per una causa più interessata e meno nobile, consistente nell’impedire un’egemonia della Germania sull’Europa.

Non è difficile immaginare l’effetto che poteva produrre in un uomo come Wittgenstein il «vansittartismo», una forma di propaganda che mirava a radicare nella mente di gente poco illuminata l’idea che tutti i tedeschi fossero gli stessi, senza distinzione di partito, di religione o di condizione sociale, e avessero in qualche modo nel sangue l’aggressività, il culto della forza, il militarismo e l’espansionismo, il che costringeva l’Europa a proteggersi contro di loro con misure preventive del genere più radicale. Come abbiamo visto, egli trovava quanto meno sospetto il presupposto che, se avesse dovuto disgraziatamente esserci un’altra guerra, essa sarebbe stata voluta e scatenata da loro.

Prima della guerra, Wittgenstein era stato scettico sulla reale volontà della classe dirigente britannica di opporsi a Hitler, e in particolare di coloro che lui chiamava i «vecchi nababbi». Dopo la guerra, come ci si può rendere conto leggendo il frammento di lettera citato, egli non esitava a ricordare che le atrocità del regime nazista erano cominciate ben prima dell’inizio del conflitto e che, di conseguenza, anche l’indignazione avrebbero dovuto dimostrarla allora, cosa che non si era assolutamente verificata. Con ogni evidenza la fiducia che egli aveva nella classe dirigente e nelle élite intellettuali britanniche circa un reale impegno da parte loro per un miglioramento reale delle cose non era aumentata durante gli anni di guerra, e lo stato d’animo diffuso tra i vincitori dopo il crollo della dittatura nazista non annunciava ai suoi occhi niente di buono per l’Europa e per il mondo.

Significa che, su questo punto, egli riponeva speranze molto maggiori nel proletariato e nel popolo in generale che nelle élite? La risposta probabilmente è: sì e no; e questa forse,



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